Taranto guarda sempre più al futuro e, dalle note vicende riguardanti l’ex Ilva, il sistema tarantino prova a gettare le basi per nuovi orizzonti economici-produttivi, anche se ad essere realistici, il sito siderurgico pugliese continuerà ad essere protagonista nel futuro italiano ed europeo.
Ricordiamoci che l’ex-ILVA è il più grande stabilimento siderurgico europeo e gli investimenti, per la trasformazione per la sostenibilità ambientale, che si stanno applicando, consentiranno allo stabilimento di tornare a produrre e fare si che sia l’Italia, ma anche l’Europa, possano continuare ad essere indipendenti in questo settore, per il bene e la solidità della loro economia e soprattutto per contrastare la dipendenza di approvvigionamento di acciaio e quindi di dipendenza verso il mondo asiatico sempre più in crescita.
Inoltre, aspetto non secondario, Taranto non potrebbe reggere l’impatto di un vero e proprio tsunami occupazionale se lo stabilimento tarantino dovesse subire una sua eventuale dismissione.
Ma è anche vero che questi interessi socio-economici non possono sacrificare la salute e la vita dei cittadini.
Ecco perché ritengo che risanare l’ambiente e sviluppare un’industria sostenibile sia la strada giusta che l’Europa ha scelto con il Green Deal e con gli investimenti di Next Generation EU.
Tra le risorse territoriali che l’area di Taranto può offrire è il mare ad essere protagonista assoluto per l’economia del territorio.
Il testimone di ciò è l’affascinante ponte di San Francesco di Paola, più noto come “ponte girevole” sul canale che unisce il Mar Grande col mare Piccolo, che con le sue aperture consente alle navi di raggiungere la città di Taranto, un ponte girevole sul futuro.
E’ su questo futuro marino che nasce il progetto il Tecnopolo, “del Mediterraneo”, il quale potrebbe dare un grandissimo contributo per Taranto e non solo.
A due anni dalla sua progettazione, l’Istituto di Ricerche il “Tecnopolo del Mediterraneo per lo Sviluppo sostenibile” è considerato una leva importante per una visione sostenibile di futuro e driver strategico in grado di sviluppare investimenti ed opportunità occupazionali.
L’istituito ( fondato con Legge di bilancio 2019 ma l’entrata in vigore del suo statuto è del17 aprile 2021) ha l’obiettivo di dar vita a una sede riconosciuta a livello nazionale ed internazionale per lo sviluppo della conoscenza e della ricerca, del progresso tecnico- scientifico, della valorizzazione delle innovazioni e dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, dell’economia circolare e di strumenti volti a promuovere la crescita sostenibile dell’intero Paese e il miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale.
Quindi un’idea che si sta sviluppando per rendere questo istituto un attore fondamentale nello sviluppo di una vera e propria economia del mare, incentrata sui principi della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica, ma non solo.
A più di due anni dall’approvazione della prima norma che conteneva l’idea del Tecnopolo del Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile, oggi lo scenario economico è radicalmente cambiato soprattutto con la pandemia e le sfide sono aumentate.
Ecco che Taranto, da volano siderurgico nazionale ed europeo, si può trasformare anche in fulcro per la ricerca e sviluppo sostenibile, diventando un Hub nazionale fondamentale per fare rete e valorizzare attività ed eccellenze imprenditoriali che hanno scelto lo sviluppo sostenibile, superando le frammentazioni e colmare i divari.
Non a caso il Governo si sta impegnando a portare l’Alta Velocità al Sud, a fare investimenti senza precedenti sull’accessibilità dei territori, a connettere i porti con aeroporti e ferrovie.
Ciò significa che si sta cercando di colmare i ritardi infrastrutturali e attirare nuove fonti di finanziamento e nuove opportunità nel Sud senza precedenti e soprattutto per dare risposta al contesto europeo che lamenta la mancanza della realizzazione della macro-regione mediterranea.
Infatti, la stessa Europa spinse per le macroregioni europee con il Trattato di Riforma di Lisbona.
Trattato che individuava 5 macro regioni, tutte posizionate lungo i confini dell’Unione e di cui 4, la Macroregione Baltica, la Danubiana, l’Alpina e la Adriatico-Ionica, già attive e ben funzionanti, mentre la Macroregione Mediterranea è rimasta a livello di progetto e finora mai costituita!
Un “ponte” lungo circa 1000 km che congiunge l’Europa all’Africa, questa è la Macroregione Mediterranea, con caratteristiche geografiche di assoluta peculiarità nell’offerta di linee di transito rapide, coordinate e sostenibili, quale base primaria di tutti gli scambi di merci e persone e del turismo.
La Macroregione Mediterranea infatti si prospetta come incubatore gestionale di un’area, densa di affinità storico-culturali e geo-climatiche, a cavallo tra l’Europa, l’Africa settentrionale e il Medio Oriente, che coinvolgerebbe tutta l’area del mezzogiorno in una unica grande Zona Economica Speciale e il Tecnopolo del Mediterraneo per lo Sviluppo sostenibile potrebbe essere la prima pietra per chiudere il cerchio economico europeo.
Ma c’è un aspetto curioso in più a tutto ciò e riguarda l’Umbria, la città di Terni e la sua acciaieria, che come Taranto si affaccia su un “mare” verde dell’Umbria, richiamando lo spot di promozione turistica della Regione; “Io amo il mare dell’Umbria”.
Anche qui l’acciaieria ternana ha la sua importanza: solo per l’Umbria rappresenta il 15% del PIL, sia in termini occupazionale che economici ma con un futuro non proprio roseo.
Magari queste affinità Tarantine-Ternane, forse, si potrebbero incontrare e magari la “rivoluzione” economica Umbra potrebbe partire dalla città che ospitò quel Virgilio Alterocca, tipografo, ideatore delle cartoline, stampatore di mappe.
Così potremmo vedere Terni fuori dall’Umbria, ma sempre immersa nel verde e stretta tra due mari se si realizzassero le macroregioni e nel nostro caso quella di centro composta da Toscana, Umbria, Marche, Lazio e magari abbracceremo un nuovo “Risorgimento” economico e sociale…ma questa è un’altra storia su cui magari, riflettere…