Si parla sempre più spesso della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, (MES). Il MES è un’istituzione europea che ha lo scopo di aiutare i paesi in difficoltà economica. Il dibattito politico nelle ultime settimane, ha evidenziato diverse posizioni tra maggioranza e forze politiche di minoranza. C’è chi sostiene che il MES sia un opprimente meccanismo burocratico europeo che limita la libertà di ogni singolo Paese UE e c’è chi sostiene sia una opportunità economica “agevolata”. Il MES, operativo nell’area UE ha il compito di aiutare i paesi che si trovano in difficoltà economica e quindi una istituzione molto importante dell’unione monetaria. Infatti, è uno strumento economico che mette a disposizione il denaro, di tutti, per utilizzarlo nel caso in cui uno stato membro si trovi in difficoltà. Questo meccanismo permette di mettere in sicurezza il sistema economico UE, visto che tutti i Paesi dell’unione condividono la stessa moneta. Quindi, condividendo la stessa moneta, le difficoltà di un paese possono avere conseguenze anche sugli altri. Con una portata economica di 80 miliardi di euro, pagati in maniera proporzionale all’importanza economica dei paesi dell’eurozona, il MES può raccogliere sui mercati finanziari fino a 700 miliardi di euro se ogni Stato membro emettesse titoli con la garanzia degli stati che ne fanno parte. Un capitale importante per essere prestato agli stati in difficoltà, per esempio per ricapitalizzare i loro sistemi bancari e quindi per la loro stabilità interna. Inoltre, gli stati che richiederanno il MES, se rispettano alcune condizioni, possono ricevere anche l’aiuto illimitato da parte della BCE sotto forma delle famose OMT, un piano che di fatto permette l’acquisto senza limiti di titoli di stato del paese in crisi. Ovviamente, per ricevere l’aiuto, uno stato deve accettare un piano di riforme che “subirà” la sorveglianza da parte della Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Tuttavia, il restio alla sua richiesta è dovuto all’esperienza vissuta dalla Grecia qualche anno fa. Il suo utilizzo servì a salvare il Paese, ma fu concesso dopo che la Grecia accettò un piano di riforme, che portò “lacrime e sangue” nel Paese ellenico. Solitamente, i sistemi finanziari poco hanno a che fare con il welfare di un Paese. Infatti, per chi fa i conti, la “matematica non è un’opinione” e i piani di riforme approvati solitamente prevedono misure molto impopolari, come il taglio alla spesa pubblica, alle pensioni, privatizzazioni, liberalizzazioni e flessibilità delle leggi sul lavoro. Sicuramente, l’Europa starà più attenta a non riproporre un esempio Grecia nell’eurozona, ma la perplessità nel contesto sociale e nella politica italiana c’è e bisogna farci conti. È anche vero che con una crisi economica, energetica ancora importante, per l’Italia rifiutare 37 miliardi sulla sanità derivanti dal MES potrebbe essere un tragico errore. Sappiamo tutti, come il nostro Paese abbia bisogno di più investimenti, soprattutto sulla sanità. Nel caso del MES, l’Europa ci consente di avere finanziamenti a condizioni vantaggiose. Rifiutare la possibilità, con una manovra finanziaria che investe solo due miliardi di euro sulla sanità, di cui più della metà per pagare le bollette agli ospedali, di avere più risorse economiche da immettere nel sistema sanitario significa rinunciare ad eliminare le liste d’attesa divenute insostenibili, incrementare medici, infermieri e la ricerca. Se si vuole combattere la povertà si deve investire anche sulla salute. Al momento l’Italia è incerta nel decidere, le trattative con l’Europa sono attive, e se si raggiungerà un buon accordo forse potremmo utilizzare anche noi, come altri Paesi UE, il MES.