Secondo l’agenzia d’informazione Reuters il gigante informatico Google starebbe elaborando, per poi applicarlo, un “algoritmo” in grado di stabilire la retribuzione dei propri dipendenti, basato sulla loro residenza e dunque sul costo della vita.
Pertanto, l’algoritmo, calcolerà la retribuzione, che varierà tra dipendenti, sulla base dei costi a carico dei lavoratori, come i costi relativi all’affitto, e più in generale al costo della vita parametrato per città, periferie e piccoli centri.
Seppure non vi sia una conferma ufficiale da parte di Google, la Reuters sarebbe in possesso di alcuni documenti riguardanti l’algoritmo del colosso secondo i qualiil ricalcolo dellostipendio sarebbe pari a un taglio almeno del 10% per chi non abita in città o comunque non vicino la sede dell’azienda.
Un taglio percentuale importante tanto è che molti pendolari avrebbero già deciso di rinunciare allo smart working per evitare la riduzione dello stipendio.
Secondo la Reuters, nella documentazione in loro possesso ci sono esempi di calcolo dello stipendio interno di Google che mostrano come undipendente che vive a Stamford, nel Connecticut, a un’ora di treno da New York City, verrebbe pagato il 15% in meno se lavorasse da casa, mentre un collega dello stesso ufficio che vive a New York City non vedrebbe alcun taglio dal lavoro da casa.
È noto come, da sempre, i colossi del big tech prediligano il lavoro in presenza e come la pandemia abbia inevitabilmente cambiato le carte.
Infatti, per molti dipendenti lo smart working in modalità tempo pieno, senza rientri in azienda, ha comportato notevoli vantaggi economici, tanto è che sono tanti i lavoratori favorevoli alla modalità “da remoto” anche nel post pandemia.
Inoltre, l’applicazione dello Smart working, a comportato una impennata di disdette dei contratti di affitto nelle grandi città per una delocalizzazione di massaverso località “low cost”.
Tuttavia, se colossi come Google, Facebook, Twitter stanno tagliando gli stipendi dei dipendenti che si trasferiscono in aree meno “costose” sono le aziende più piccole, come Reddite Zillow, a dare lezione di “stile” lasciando invariate le retribuzioni perpuntare a “fidelizzare” la forza lavoro puntando sulla qualità.
La questione della differenza di retribuzione sta facendo montare la protesta in particolare fra i pendolari ossia coloro che non vivendo in aree non urbane si vedrebbero penalizzati rispetto ai colleghi che abitano in città a fronte delle stesse ore di smart working. Secondo l’algoritmo chi vive in aree extra urbane deve guadagnare meno.
Questo fenomeno non è solo una questione “americana”, lo smart working e il dibattito sul suo futuro nel post pandemia sta impegnando anche l’Europa.
In Italia, complici il perdurarsi della pandemia, i lockdown e la proroga a fine dicembre dello stato di emergenza, le seconde case sono diventate per molti la prima abitazione e “sede” di lavoro nella modalità smart working e non manca il fenomeno della disdetta dei contratti di affitto per abbattere i costi.
In Italia il dibattito, seppure “mediaticamente” silenzioso, sta andando avanti, tuttavia c’è da domandarsi come andrà a finire.
Soprattutto, se le aziende italiane seguiranno l’esempio di Google, Facebook e Twitter e quindi se le retribuzioni saranno destinate a cambiare sulla base del ricorso allo smart working oppure punteranno su altre soluzioni come la fidelizzazione dei dipendenti puntando sulla qualità.