Con la crisi dell’approvvigionamento energetico causata dal conflitto Russia-Ucraina e dalle politiche per la decarbonizzazione, il nucleare è un tema che sta tornando in discussione tra i paesi membri dell’Ue, Italia compresa.
In Italia, le politiche ambientalistiche degli anni passati e fino ad oggi applicate, non hanno permesso di sviluppare questo settore. Infatti, le centrali nucleari che in quei anni erano in fase di realizzazione, furono convertite a gas o a carbone. Tuttavia, quella che fu una “scelta” ambientalistica di ieri oggi si trasforma in un terribile “errore”. Infatti, se analizziamo quanto sta accadendo oggi con la scelta di abbandonare il nucleare per questioni ideologiche quando comunque i nostri confini alpini sono “circondati” da centrali nucleari francesi, tedesche, svizzere e slovene fu pura mancanza di lungimiranza politica.
Oggi, seppure in tremendo ritardo, si torna a parlare in Italia di nucleare per le sue caratteristiche. Il nucleare è una fonte di energia utile al processo di decarbonizzazione, e sta vivendo un momento di grande interesse in Europa, specialmente in Francia).
I reattori nucleari a fissione, a differenza dei combustibili fossili, permettono di produrre energia elettrica senza emettere gas serra e in maniera stabile e continuativa, a differenza dell’eolico e del solare. Tuttavia, la reazione, rilascia scorie radioattive da gestire con attenzione e questo è un tema “caldo” soprattutto in un Paese come l’Italia dove il “NO” è a prescindere.
Ma non solo. L’Italia è tra i membri del G7, l’unico paese sprovvisto di centrali nucleari attive. Il gruppo, composto da alcune delle economie più avanzate del mondo, ne fanno parte Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti sta discutendo in questi ultimi tempi sempre più questo tema energetico.
Infatti, recentemente si è svolta una riunione, convocata dalla Francia che “accusa” l’Ue di non dare sufficienti attenzioni e spazi all’energia atomica nei suoi piani per la transizione ecologica, per formare un’alleanza di paesi favorevoli al nucleare dentro l’Unione europea. A questo invito l’Italia ha risposto non partecipando, per “rispetto istituzionale” la nota ufficiale, poiché ha rinunciato al nucleare con il referendum del 1987.
Ma oggi la politica è chiamata ad uscire dalla miopia, dal ritardo culturale, dal provincialismo ideologico che per trentacinque anni ha tenuto il nucleare fuori dalle leggi che sostengono la ricerca e l’innovazione nel nostro Paese, poiché l’Europa si sta muovendo verso il nucleare.
Nella discussione nazionale si deve elaborazione un piano energetico nazionale, incentrato sulla sicurezza energetica e sulla riduzione della dipendenza dalle importazioni e non soltanto sugli obiettivi di emissione. Considerando che l’Italia è il secondo più grande importatore netto di elettricità al mondo, il nucleare non può non stare nell’agenda politica di governo!
Questo può avvenire ripristinando direttamente la gestione energetica come era in passato. L’ENEL (ente nazionale elettrico) aveva il compito di promuovere la programmazione elettrica ed energetica del nostro Paese. Quindi ripristinare la funzione di pianificazione energetica, rafforzata dalle funzioni di studio e di elaborazione di altri enti pubblici energetici, a partire dall’ENEA (Ente Nazionale Energie Alternative) per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Questo permetterebbe una accelerazione per il nostro Paese su questo tema, perché il nucleare sta “animando” la discussione in Europa tanto che nel comunicato congiunto pubblicato a termine della riunione, la Francia e gli altri dieci paesi partecipanti hanno dichiarato di voler rafforzare la cooperazione tra le rispettive industrie nucleari su questioni tecniche, tecnologiche e di sicurezza e l’Italia in questo momento è fuorigioco.
Ma c’è di più. Il vero obiettivo della Francia, era quello di “inviare un segnale forte nei vari colloqui europei” sull’idrogeno pulito. L’Ue sta discutendo di una direttiva sulle energie rinnovabili, nota come RED III, che fisserà gli obiettivi per l’utilizzo dell’idrogeno nei settori industriali e dei trasporti. Parigi vuole sfruttare le proprie centrali nucleari non solo per generare elettricità, ma anche per produrre idrogeno a emissioni zero.
L’idrogeno ottenuto dalla fonte nucleare viene chiamato “rosa”; mentre quello da fonti rinnovabili, come l’eolico e il solare, è detto “verde”. Nonostante il nucleare sia una fonte energetica priva di CO2 come l’eolico e il solare, Bruxelles classifica solo l’idrogeno verde come pulito a tutti gli effetti; quello viola, invece, viene classificato come low-carbon, cioè a basse emissioni. La Francia vuole eliminare questa distinzione, che ne danneggia l’ambizione di diventare un’esportatrice di idrogeno, e non solo di elettricità.
Ma la strada che la Francia vorrebbe percorrere è ostacolata da Germania e Spagna. La Germania, perché contraria all’energia nucleare e la Spagna, forte del suo potenziale solare, vuole produrre l’idrogeno dalle rinnovabili. Queste divergenze potrebbero far fallire il progetto multimiliardario dell’H2Med, la tubatura per il trasporto di idrogeno tra Barcellona e Marsiglia, e poi fino in territorio tedesco.
Mentre i vari Paesi interessati si muovono, c’è da domandarsi se sia giusto che l’industria italiana sia fuori da questa sfida di mercato soprattutto alla luce di ciò che sta accadendo nel mondo. Può, una decisione presa nel lontano 1987 rendere ancora “miope” l’Italia sulle possibilità di installare i nuovi modelli di centrali nucleare SMR (small modular reactors), “piccoli reattori modulari”?
ISMR sono reattori a fissione nucleare dalle dimensioni molto più contenute rispetto a quelli tradizionali; sono inoltre fatti a moduli, e quindi più semplici da produrre in serie e da assemblare e permettono di reggere la concorrenza economica con i parchi eolici e solari.
Soprattutto con l’occasione del PNRR dove, a differenza ad esempio della Francia, non si è considerato, tra le tecnologie nuove per la transizione energetica, il nuovo nucleare, quello dei reattori SMR e della quarta generazione. La Francia invece è tra le più vicine all’implementazione.
L’Europa, sta andando in questa direzione. Lo dimostra il fatto che l’UE ha avviato una iniziativa sullo sviluppo degli Small Reactors e l’Italia, con industria e università, è presente autonomamente in questo progetto. Ma senza il sostegno finanziario dello stato poco potrà fare.
È ora di uscire dall’ipocrisia.
Le istituzioni politiche italiane devono affrontare il tema, affinché attuino tre misure, che riaprano, in maniera realistica e concreta, all’energia nucleare. Si tratta di infrastrutture utili, che portano sviluppo, occupazione qualificata e ci rende più autonomi e stabili per le forniture energetiche al sistema Paese.
L’Italia senza il nucleare, in uno scenario mondiale che sta cambiando la sicurezza energetica, rischia molto. È fondamentale garantire al nostro Paese sicure forniture energetiche, per la sopravvivenza della nostra economia. Se non lavoriamo a tutto campo rischiamo di ritrovare la nostra industria in affanno e costretti a dire “beati voi che avete il nucleare”, a due passi dai nostri confini e a “caro” prezzo…