Il “reddito di libertà” è destinato alle donne vittime di violenza in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà. Lo scopo del fondo è favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza attraverso l’indipendenza economica.
Come rilevato dall’Istat, nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%) e il Reddito di libertà nasce appunto dalla consapevolezza che nel mondo non si muore solo di Covid.
Il contributo economico, stabilito nella misura massima di 400 euro mensili pro capite, è concesso in un’unica soluzione per massimo dodici mesi alle donne vittime di violenza.
Possono richiederlo tutte le donne con o senza figli che: siano seguite dai centri antiviolenza regionali e dagli assistenti sociali abbiano cittadinanza italiana o regolare permesso di soggiorno o status di rifugiate.
La domanda per il Reddito di Libertà deve essere presentata dalle donne interessate, o da un legale o da un tutore, nelle sedi dei comuni di residenza o mediante lo Spid sul sito dell’Inps.
Il modulo, per essere valido, deve essere tassativamente compilato dalla donna richiedente, da un legale del centro antiviolenza e da un assistente sociale.
Il D.P.C.M. del 17 dicembre 2020 definisce i criteri per la ripartizione delle risorse del “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza” istituito dall’articolo 105-bis del decreto legge n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020, mediante l’incremento, per un importo pari a 3 milioni di euro, per l’anno 2020, del “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità”. La misura denominata Reddito di Libertà è volta a contenere i gravi effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per quanto concerne le donne in condizione di maggiore vulnerabilità e ha come obiettivo quello di favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà. A tale riguardo, l’articolo 3, comma 5, del citato D.P.C.M. prevede che il Reddito di Libertà sia finalizzato a sostenere prioritariamente le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale, nonché il percorso scolastico e formativo dei figli/delle figlie minori; inoltre non è incompatibile con altri strumenti di sostegno al reddito come il Reddito di cittadinanza o altri sussidi economici anche di altra natura (ad esempio, Rem, NASpI, Cassa integrazione guadagni, ANF, ecc.).