«Dobbiamo essere realisti. Le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissioni nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio»…
Era il 2017 e la dichiarazione è del numero uno di Fiat Chrysler Automobiles, di allora, Sergio Marchionne.
Lo disse davanti a professori e studenti dell’Università di Trento, dove ricevette la laurea honoris causa in ingegneria meccatronica e come nel suo “stile” non usava giri di parole era diretto al punto.
Per Marchionne l’auto elettrica non era la soluzione per i problemi di sostenibilità ambientale del pianeta, ma era e lo sarebbe ancora probabilmente, se fosse ancora con noi, una minaccia all’esistenza stessa del mondo.
Molti furono gli esponenti ecologisti, della politica e dell’industria a deridere, criticare, a classificarlo come un “signore della Old Economy”.
Marchionne sosteneva che il fascino dell’elettrico era dovuto dal fatto che era la meravigliosa risposta all’abbattimento dei livelli d’inquinamento ambientale, soprattutto nelle città, ma di fatto un’arma a doppio taglio come per l’idrogeno, che ci permetterebbe di avere auto “pulitissime” ma ottenute a discapito di enormi quantità di energia e di emissioni inquinanti causate dal processo di produzione.
Infatti, a livello globale, ancora oggi i due terzi dell’energia elettrica deriva da fonti fossili e pertanto, se riflettiamo, non aveva tutti i torti.
Ma non era solo questo aspetto che rendeva perplesso Marchionne nei confronti dell’innovazione tecnologica, d’altronde un uomo amante della velocità alla “guida” dei marchi sportivi più prestigiosi al mondo come Alfa Romeo, Maserati, Ferrari non poteva essere avverso nei confronti della tecnologia.
Marchionne temeva per le conseguenze che una velocissima, vera e propria rivoluzione industriale avrebbe portato nei confronti dell’occupazione centrata sul motore termico.
Perché per il “burbero” italo-canadese, il tema dell’occupazione, contrariamente a quello che si dica o la si pensi, era il suo punto fermo, lavorare bene e tutti!
Pensiamo alla produzione del tubo marmitta per esempio, che in un’auto elettrica è completamente assente!
Quanti posti si perderebbero, in brevissimo tempo, solo nel mondo dei tubisti, e di conseguenza si recupereranno i dipendenti licenziati o gli stabilimenti dismessi?
Quali, quante, di che “sostanza”, politiche attive verso la new green technologies si stanno mettendo in campo oltre le tante salottiere chiacchiere?
Carlo Tavares CEO di Stellantis è il dopo Marchionne nello scenario FCA-PSA la quarta casa automobilistica al mondo.
Pur non avendo il carisma del personaggio di Marchionne, non possiamo affermare che non conosca il mercato dell’auto con le sue evoluzioni nel prossimo futuro.
Recentemente, anche lui si è espresso nei confronti delle auto elettriche, sostenendo che sicuramente, prima o poi, conquisterà tutti ma che ancora costano troppo e non alla portata di acquisto della classe media.
Ma non solo, anche se passato sottotono dai “criticoni” anti Marconniani, Tavares si è dimostrato essere un “signore della Old Economy” anche lui!
Infatti, anche Tavares ha evidenziato come il problema della produzione elettrica nella forma green, non sia così scontato come qualcuno vuole fare credere ma soprattutto ha sottolineato il forte impatto che il passaggio dal motore termico a elettrico, nel settore dell’automotive, genererà.
Cambiamento che già sta avvenendo, sostenuto soprattutto dalle politiche UE che paradossalmente è impreparata a gestire.
È necessario fare i conti con le “conseguenze sociali” di queste cambiamenti, soprattutto se diventano delle scelte politiche da parte dei governi, come i massicci incentivi messi in campo e con il continuo inasprimento dei limiti di emissione, per favorirne il cambio di rotta produttivo.
Le aziende, nel cambiare la loro produzione saranno costrette a riconvertirsi ed è certo che con l’avvento tecnologico e la diversità della componentistica, il numero dei dipendenti potrà non essere garantito come non è garantita la riconversione di molte aziende fornitrici.
Secondo la valutazione della Commissione europea, i posti di lavoro che rischiano di andare persi nello scenario in cui, solo per le batterie elettriche, se queste fossero prodotte integralmente al di fuori dell’Ue sarebbero appena 34.500, ma in realtà i numeri salirebbero a oltre 1milione se in Europa, si smettesse di produrre macchine a gasolio o a benzina.
Cosa che sta accadendo in Gran Bretagna, dove il governo, deciso a eliminare gradualmente le auto termiche dal 2030 ha spinto la stessa Stellantis, che possiede uno stabilimento a Ellesmere Port nel Regno Unito, a cambiare i piani sull’auto “termica” per riconvertire l’intero processo per l’auto elettrica, sperando che ci possa essere una riconversione per tutti gli operai, i fornitori e loro dipendenti.
Marchionne non aveva tutti i torti quindi, ma si sa il progresso non si ferma e a noi non resta che sperare in una buona “Stella-ntis”…